Mortal Kombat spiegato attraverso le Fatality!

Mortal Kombat si riassume e si identifica nelle Fatality, devastanti e brutali offensive con cui i kombattenti della serie videoludica che fu di Midway, storica software house fallita nel 2010, sono soliti chiudere la contesa di turno, perentoria e teatrale esibizione spesso coreografica, che generalmente si traduce in un autentico bagno di sangue ed interiora.

Un giorno, chissà, potrà anche esistere un capitolo del brand senza Sonia Blade e Johnny Cage, storici protagonisti, tra i moltissimi altri, già vagamente invecchiati rispetto agli esordi, ma di certo non verranno mai meno le famigerate finisher, autentico marchio di fabbrica, nonché ennesimo punto di contatto tra la saga videoludica e l’omonimo film diretto da Simon McQuoid, in uscita, in Italia, in esclusiva su Sky e in streaming su NOW il 30 maggio 2021

Nel film, alcune iconiche Fatality eseguite dai principali lottatori di Mortal Kombat verranno riprese e rivisitate in salsa cinematografica, ennesima strizzata d’occhio che la pellicola rivolgerà ai fan di lunga data, già impressionati dalla fedeltà visiva rispetto ai canoni del brand, nonché dall’alto tasso di spettacolarità (e dalla leggera spruzzatina di trash) palesatisi sin dai tempi del primissimo trailer

Del resto, non parliamo solo di una feature che caratterizza molto più di tutto il resto una delle serie più longeve dell’industria, ma di qualcosa che ha influenzato palesemente la storia dei picchiaduro a incontri e, più in generale, dei videogiochi stessi.

Quando nel 1992 nei bar e nelle sale arcade degli Stati Uniti d’America cominciarono a spuntare i cabinati del capostipite della saga, i primi a essere completamente assorbiti dal potere ipnotico sprigionato da un gioco tutto sangue e (bizzarri) attori digitalizzati furono i tanti fan di Street Fighter, altra storica produzione dello stesso genere sviluppato da Capcom, che da tempo cercavano disperatamente un’alternativa altrettanto valida

Il titolo, realizzato a partire dalle idee e dalla volontà di Ed Boon and John Tobias, che inizialmente, non scherziamo, volevano realizzare un videogioco con protagonista Jean-Claude Van Damme, a cui il già citato Johnny Cage è evidentemente debitore, divenne un autentico caso mediatico in seguito al suo debutto su console, nello specifico Super Nintendo e Mega Drive, un anno dopo, nel 1993

Raggiungendo un pubblico più ampio, insinuatosi tra le mura domestiche, Mortal Kombat divenne il bersaglio di proteste e accuse che, ne va dato atto, diedero giustamente vita all’ESRB (Entertainment Software Ratings Board), ovvero il corrispettivo statunitense del PEGI, strumento di classificazione dei videogiochi per età, in base ai contenuti veicolati.

Il brutto e cattivo picchiaduro di Midway, insomma, per quanto ampiamente frainteso nel suo tentativo di essere quasi una simpatica parodia del genere di riferimento, ha paradossalmente generato un sistema indubbiamente utile e a suo modo efficiente, pur senza rinunciare ad un millilitro del sangue versato tramite le sue Fatality che, come anticipato, si rivelarono una novità assoluta nel panorama dei picchiaduro di inizio Anni ’90.

Laddove il diretto concorrente Street Fighter non riservava alcuna enfasi all’atterramento finale dell’avversario, gli smanettoni dell’epoca scoprirono per caso, concatenando accidentalmente pressioni di pulsanti con movimenti del joystick, la possibilità di esibirsi in devastanti e cruente esecuzioni. Questa caratteristica, difatti, non venne inizialmente cavalcata dal reparto marketing responsabile di pubblicizzare il lancio del cabinato, probabilmente consapevole del clamore che avrebbe generato, né esistevano documenti ufficiali grazie ai quali imparare le sequenze di comandi necessari per attivarle

La famosa “operazione a cuore aperto” di Kano, la testa mozzata con un pugno di Cage, l’estrazione della spina dorsale di Sub-Zero inorridirono i perbenisti dell’epoca ed esaltarono i videogiocatori dell’epoca, con tanto di parodie sorte sulla parodia stessa (vi ricordate del gioco Tempesta d’Ossa nei Simpson?).

Da quel preciso momento in poi, Mortal Kombat non si è più guardato indietro, proponendo in ogni successivo capitolo Fatality sempre nuove, giocando saggiamente con il limite del buongusto, un equilibrio la cui fragilità dimostra empiricamente la cura nei dettagli profusa dagli sviluppatori ad ogni nuova iterazione.

Che si trattasse di una feature ironica e volta a ridicolizzare la stessa violenza veicolata dalla serie, dai videogiochi in generale e da tutta una serie di pellicole molto in voga negli Anni ’90 (come Atto di Forza per esempio), lo si evince soprattutto dall’evoluzione che conobbe nei successivi episodi. Nel 1994, Mortal Kombat 3 affiancava alle Fatality le Animality che tramutavano il kombattente di turno in un animale, appunto, ovviamente assetato di sangue e budella. Ultimate Mortal Kombat 3 del 1995 introduceva le Brutality, eseguibili quando l’avversario era ancora in gioco, ma ugualmente violente e grottesche. Non vanno poi dimenticate le Babality e le Friendship, dichiaratamente autoironiche: le prime tramutano lo sconfitto in un bebè inerme, le seconde umiliano il nemico in modi piuttosto fantasiosi e, spesso, inaspettatamente innocui, “rompendo” così il gioco nel gioco.

Fonte Now TV

Autore: Fair_Play